Curcio Medie

Il muro di Berlino, ufficialmente chiamato «Barriera di protezione antifascista», era una barriera di cemento di oltre 155 km costruita a partire dal 13 agosto 1961 con l’obiettivo di separare Berlino Est (all’epoca capitale della Repubblica democratica tedesca) dal settore occidentale della città. Si stima che, durante il 28 anni di esistenza del muro, almeno 133 persone abbiano perso la vita nel tentativo di superarlo: a guardia del muro, infatti, erano posti i temibili «Vopos», vale a dire i membri della Volkspolizei (forza di polizia nazionale della Rdt).

Le origini di quello che fu chiamato «il muro della vergogna», risalgono al 1945 quando, nel corso della conferenza di Yalta, gli ormai prossimi trionfatori della seconda guerra mondiale (il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, il premier britannico Winston Churchill e il leader sovietico Stalin) decisero di dividere Berlino (come tutti i territori a Ovest della linea Oder-Neisse) in quattro settori, da affidare rispettivamente all’amministrazione sovietica, statunitense, britannica e francese. La situazione nel dopoguerra, sebbene fosse assai grave per lo smembramento del paese e per il problema dei profughi dall’Est, presentava promettenti segni di ripresa nel settore industriale. Data la frattura internazionale tra le potenze occidentali e l’Urss, tuttavia, la storia tedesca finì per subire una netta biforcazione tra la zona di influenza occidentale e quella di influenza sovietica. Da allora le restrizioni del traffico verso Berlino, attuate dai sovietici, iniziarono a isolare pericolosamente la città, spingendo gli Alleati prima ad attuare un ponte aereo (con lo scopo di rifornire di viveri e generi di prima necessità i tre settori occidentali) e poi ad abolire il regime di occupazione, inserendo la Repubblica federale tedesca nel loro sistema di alleanze. I sovietici, dal canto loro, conferirono egualmente piena sovranità alla Repubblica democratica tedesca, riducendo alla metà le riparazioni di guerra da essa dovute; inserendola nel sistema militare nato dal patto di Varsavia (1955) e introducendovi le forme politiche e sociali tipiche dei paesi a democrazia popolare.
Proseguiva intanto l’esodo di tedeschi dal settore orientale a quello occidentale, stimato, per il periodo che va dal 1949 al 1961, a circa 2,5 milioni di persone (in gran parte professionisti, lavoratori specializzati e disertori). Il muro di Berlino nacque proprio nel tentativo di frenare questo esodo che, nel periodo che va dalla nascita del muro al suo abbattimento, scese a solo 5000 persone. Tale successo, tuttavia, fu controbilanciato dal disastroso calo di immagine della nuova repubblica socialista e di tutto il blocco del «socialismo reale»: da allora, infatti, il muro di Berlino divenne uno dei simboli più odiati della tirannia comunista.

A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, tuttavia, la situazione iniziò a cambiare: le politiche riformistiche inaugurate dal nuovo segretario del Partito comunista dell’Unione Sovietica Michail Gorbaciov, infatti, crearono le condizioni prima per un graduale passaggio alla democrazia dei regimi comunisti dell’Est, poi per il definitivo collasso della stessa Urss. Per quanto riguarda in particolare il muro di Berlino, esso iniziò a diventare inutile a partire dal 23 agosto 1989: quel giorno, infatti, l’Ungheria decise di rimuovere le sue restrizioni al confine con l’Austria, permettendo così a oltre 13.000 tedeschi dell’Est di attraversare la Cortina di ferro. La nuova situazione portò così, il governo della Rdt ad annunciare ufficialmente, il 9 novembre dello stesso anno, la decisione di rimuovere i posti di blocco. L’anno dopo, la Germania venne finalmente riunificata: il 3 ottobre 1990, infatti, i territori dell’ormai ex Rdt furono annessi come nuovi stati della Repubblica federale che, da allora, assunse Berlino come propria capitale.