Curcio Medie

Saggio di Federico Gennaccari

I Beatles, Carlos Santana e Adriano Celentano. Sono questi gli artisti che hanno venduto di più nell’anno Duemila. Può sembrare davvero strano, come se il tempo si fosse fermato di trent’anni e anziché nel 2000 si fosse nel 1970 al tempo di Let it be e Chi non lavora non fa l’amore. Però è emblematico per capire la scena musicale del terzo millennio.
È infatti una sua caratteristica quella di guardare molto alla musica del passato, di avere tra i protagonisti molti grandi vecchi del rock e della canzone d’autore, arrivati ai sessant’anni e anche più (erano giovani negli anni Sessanta e Settanta) e di avere nuove leve che, sia pure con qualche originalità, si ispirano a loro.
Siamo nell’era di internet, dell’avvento della musica digitale e della crisi del tradizionale mercato discografico, soprattutto per gli alti prezzi dei cd (causati anche dall’iva portata al 20% nel 1996 e mai più fatta scendere dai successivi governi, nonostante i libri fossero al 4%, come se la musica fosse un bene voluttuario e non culturale) ma anche perché molti artisti sembrano vivere una fase creativa non molto brillante e così spesso di ogni album si salvano solo un paio di brani. Non a caso un’altra caratteristica del terzo millennio è la moltiplicazione delle raccolte con qualche brano inedito: prima album doppi in tutte le salse e poi dal 2005 album tripli, cofanetti solo di cd, accompagnati anche da un dvd (l’ultima frontiera del mercato) con i video o la registrazione di un concerto.
E concerto è una parola chiave poiché la crisi del supporto discografico (meno cd, più mp3 scaricati da internet anche se di qualità inferiore, ma anche ripescaggio del vinile, tornato di moda negli ultimi tempi) ha fatto sì che gli artisti vendendo drasticamente meno copie (negli anni Ottanta il disco d’oro si raggiungeva a un milione di copie, adesso a cinquantamila copie) fossero costretti a continui tour per farsi apprezzare da fans di tutta Italia (e per alcuni, di tutta Europa e anche America del Sud e del Nord). Sulla scena internazionale invece sono da segnalare le «reunion» di gruppi storici del rock (e qualcuno pure del pop) degli anni Settanta e Ottanta che magari per un tour o anche solo per un concerto hanno fatto sognare i propri fans.

Sempre più difficile fare gli artisti che pubblicano album senza fare tour promozionali in radio e in tv oltre che concerti, come faceva Lucio Battisti e come fa ancora Mina che però ha dovuto piegarsi a qualche concessione. Battisti è morto nel settembre 1998 e la sua scomparsa improvvisa (stava male ma nessuno lo sapeva fino al ricovero ad agosto, quando ormai era allo stadio terminale) è stata onorata da un lutto nazionale (i giornali hanno dedicato pagine e pagine per alcuni giorni, le tv trasmissioni a tutte le ore, anche in prima serata, ottenendo a sorpresa ottimi ascolti). Ovviamente sono stati ripubblicati tutti i suoi album, sia i suoi classici, scritti con Mogol, sia quelli dell’ultima fase con Pasquale Panella (aspettando l’ultimo lavoro inedito di cui si parlava da qualche tempo ma che né la moglie Grazia Letizia né il figlio Luca hanno mai fatto pubblicare) e Lucio è entrato definitivamente nel mito, anche se per la stragrande maggioranza degli italiani c’era già, dato che erano più di vent’anni che non cantava in pubblico (a parte qualche rara apparizione alla tv svizzera agli inizi degli anni Ottanta).
Se Domenico Modugno con Nel blu dipinto di blu ha compiuto la prima «rivoluzione» della canzone italiana, la seconda è stata effettuata proprio da Battisti che ha modernizzato la musica italiana, grazie a una felice sintesi, dal punto di vista musicale, tra melodia e rock, e dal punto di vista dei testi, tra poesia e quotidianità, amore e piccole storie, con Mogol che per le parole ha usato un linguaggio vivo, l’italiano parlato di tutti i giorni. Non ha cantato solo l’amore ma anche i valori scomparsi della società rurale e della natura, la ricerca dell’anima latina, criticando consumismo e modernismo. Dopo Mogol (dal 1967 a Una giornata uggiosa del 1980) Battisti ha proseguito la ricerca musicale verso l’elettronica, prima con E già con i testi scritti dalla moglie, poi con i testi del poeta «surrealista» Pasquale Panella per cinque album (da Don Giovanni del 1986 a Hegel del 1994) in cui ha superato la tradizionale forma «canzone».
A distanza di pochi mesi dalla morte di Battisti, a gennaio 1999 è scomparso un altro grande della canzone italiana: Fabrizio De Andrè, che fino a pochi mesi prima, durante l’estate era in tour. Poi le prime avvisaglie del male, la sospensione del tour autunnale e infine la morte di questo padre nobile della canzone d’autore. Cantautore «degli ultimi», ha tradotto in italiano brani di artisti anarchici francesi e belgi, come Georges Brassens e Jacques Brel, e ne ha seguito la scia con brani dissacranti e anticonformisti, da Carlo Martello ritorna dalla bottiglia di Poitiers a Bocca di Rosa; tre concept album come La Buona Novella ispirato ai Vangeli apocrifi, Non al denaro né all’amore né al cielo ispirato all’Antologia di Spoon River e Storia di un impiegato sul Sessantotto e la ribellione violenta; ballate ironiche ma anche serie come La canzone di Marinella o la pacifista Guerra di Piero, nonché brani in dialetto sardo come nell’album Fabrizio De Andrè del 1981, in genovese come Creuza de ma del 1984 e in napoletano come nella spietata Don Raffaè da Le nuvole del 1990. Anarchico, schierato contro la giustizia ingiusta, dalla parte delle popolazioni oppresse e delle minoranze (gli indiani, i sardi anche se sull’isola fu vittima di un rapimento assieme alla sua compagna Dori Ghezzi) e dotato di una profonda religiosità «laica», come dimostrato anche nel suo ultimo album Anime salve del 1996.
Se Battisti non c’è più (ma per le ultime generazioni non c’è mai stato perché, pur conoscendo a memoria tutti i suoi maggiori successi da La canzone del sole a Con il nastro rosa, non l’hanno mai visto), Mina c’è ancora e continua regolarmente a pubblicare ogni anno i suoi album, quasi senza mai apparire, dato che una concessione l’ha dovuta fare: è apparsa su internet in un breve filmato, girato nel suo studio di registrazione, mentre sul quotidiano «La Stampa», pubblica settimanalmente un suo commento. Album di inediti che alterna a interpretazioni di classici del passato e monografie dedicate a qualche cantautore (da Renato Zero a Domenico Modugno, fino al canto gregoriano). Brani che le consentono sempre di confermare le sue doti canore anche se non sembrano aggiungere nulla alla sua carriera. Pochi i brani da ricordare a distanza di qualche anno e il suo ultimo album che ha ottenuto un discreto successo, stazionando in classifica per vari mesi, è quello che ha cantato a due voci con Adriano Celentano.
Mina Celentano (grande fantasia per il titolo) del 1998 con brani come Acqua e sale e Brivido felino firmati da Mogol. Un album, accompagnato da un video sotto forma di cartone animato con i due artisti in versione papero e papera, che ha rilanciato soprattutto la carriera del Molleggiato. Infatti Celentano nel 1999 ha poi dominato con Io non so parlar d’amore (con classici come Un’emozione non ha voce o L’arcobaleno dedicato a Battisti), aiutato anche dal suo ritorno in tv per la trasmissione Francamente me ne infischio e l’anno dopo con ancora in classifica l’album precedente ha pubblicato Esco di rado e parlo ancora meno che ha raggiunto il primo posto ed è rimasto in hit parade per mesi, fino a sfruttare il successo della sua trasmissione televisiva del 2001 125 milioni di ca...te. Insomma un ritorno alla grande per il Molleggiato che in tv fa discutere per le polemiche che provoca con i suoi sermoni sulla politica e sul sociale, mentre con la musica canta soprattutto l’amore, aiutato soprattutto dai brani appositamente composti per lui da Mogol su musiche di Gianni Bella, nuovo felice connubio artistico.
È il primo grande protagonista del passaggio di fine secolo, argomento che ha trovato più di cantante a cimentarsi con esso, a partire da Antonello Venditti in Goodbye Novecento, da Jovanotti in Lorenzo 1999 – Capo Horn a Ligabue in Miss Mondo, per finire con l’ironia di Vasco Rossi per il suo singolo La fine del millennio.

In realtà nel 1999 è un altro il tema che ha ispirato e diviso rocker e cantautori di casa nostra: la guerra nel Kosovo e i bombardamenti della NATO contro la Serbia cui hanno partecipato gli aerei italiani. Una divisione anche politica all’interno della sinistra con il governo presieduto dal diessino Massimo D’Alema e della quale la musica si è occupata con tre canzoni, pubblicate dopo la fine dei bombardamenti: a giugno è uscita Il mio nome è mai più, ad agosto Ciao e a ottobre Fianco a fianco.
Il primo è il singolo Il mio nome è mai più realizzato da un inedito trio, formato per l’occasione da Ligabue, Jovanotti e Piero Pelù (la voce dei Litfiba). Non a caso i tre impersonano cosa pensano della guerra un profugo (Ligabue), un pilota pentito che critica la guerra giusta e le sue «sante bombe» (Jovanotti) e un pacifista (Pelù). Un brano che condanna la guerra senza usare la solita retorica antimilitarista. Cantano infatti: «Io non lo so chi c’ha ragione e chi no / se è una questione di etnia, di economia, / oppure solo follia: difficile saperlo. / Quello che so è che non è fantasia». Un progetto contro tutte le guerre con l’obiettivo di finanziare i progetti di Emergency e informare sui 51 conflitti in corso nel mondo.
La seconda canzone Ciao è di Lucio Dalla e dà anche il titolo all’album uscito il 9/9/1999. Racconta la confusione, lo sbandamento dinanzi alla guerra vissuta dall’Italia, dalla spiaggia dell’Adriatico, come una cosa lontana, distante, da vedere in televisione, in cui non si riesce a capire chi ha ragione e chi ha torto (in sottofondo c’è la voce che canta «La colpa è non so di chi»).
Fianco a fianco di Antonello Venditti fa parte dell’album Goodbye Novecento. Il cantautore romano ha le idee più chiare e rimpiange la sinistra degli anni Settanta, cantando «Un aereo NATO fa l’apprendistato, oggi si è sbagliato / [...] / dentro le parole c’è la soluzione della coalizione». «Quella guerra – ha spiegato – mi ha devastato, ha lacerato la coscienza, mi sono sentito personalmente responsabile di quello che stava accadendo: è stata il fallimento di tutti. La canzone pacifista Il mio nome è mai più, è bella. Su un punto però non sono d’accordo. È quando cantano “voglio i nomi di chi ha parlato di una guerra giusta”. Anche Dalla in Ciao dice “la colpa è non so di chi”. Ma i nomi li conosciamo – ha affermato Venditti – semmai serve il coraggio di farli. E poi siamo in democrazia. Quindi la guerra è colpa di tutti, anche nostra».
È la prima volta che Ligabue affronta un brano impegnato, mentre l’altro grande rocker di casa nostra, Vasco Rossi stavolta non affronta il tema, già cantato negli anni Novanta ai tempi de Gli spari sopra (forse il suo album migliore con brani come Vivere, Stupendo e la traccia che dà il titolo all’album) e Sally. Del resto continuano a essere loro due i protagonisti del rock italiano. Infatti nello stesso 1999 si separano le strade di Piero Pelù e di Ghigo Renzulli che rimane da solo a utilizzare il marchio Litfiba.

La scena rock mondiale è sempre dominata da U2, Bruce Springsteen, Red Hot Chili Peppers, Rem e Pearl Jam, mentre la scena punk conferma Green Day e Offspring. Sul fronte del pop mondiale Madonna regna incontrastata mentre nel giro di cinque anni si consuma la travolgente esistenza delle Spice Girls che realizzano 9 singoli di grande successo, lasciando poi il posto a Jennifer Lopez, Britney Spears, Christine Aguilera, Shakira e altre bellezze, mentre sul fronte maschile la sfida è tutta fra Robbie Williams, Ricky Martin, Enrique Iglesias, Backstreet Boys e pochi altri.
Decisamente grandi cambiamenti per il pop italiano, ormai privato del nazional-pop di Toto Cutugno, Ricchi e Poveri, Drupi, Riccardo Fogli e soprattutto Al Bano dopo la separazione sia artistica che coniugale da Romina Power. I loro rispettivi successi degli anni Ottanta (L’italiano, Sarà perché ti amo, Vado via, Storie di tutti i giorni, Felicità, ecc.) non si sono più ripetuti e se in Italia ormai sono presenti soprattutto nelle feste di piazza e nelle serate amarcord, possono consolarsi con i trionfi all’estero (soprattutto in Russia e negli altri Paesi dell’Est, dove vengono considerati ancora artisti di grande livello, protagonisti di concerti e spettacoli anche in tv con artisti locali). Infatti il Festival di Sanremo, che una volta era il tempio del nazional-pop ha cominciato ad allargare i suoi orizzonti musicali, dimostrandosi dagli anni Novanta capace di lanciare anche nuove stelle nel firmamento della canzone italiana, in grado di diventare star anche oltreconfine, non solo sui mercati spagnolo e tedesco.

Non a caso Sanremo è la prima manifestazione canora italiana, anche in ordine cronologico (fine febbraio-inizio marzo) ed è capace di lasciare il segno, facendo sì che gli artisti dal palco dell’Ariston passino ad altre importanti manifestazioni, come il «Concertone» della CGIL del Primo Maggio a Roma (tempio del rock), il Festivalbar (tempio delle canzoni di successo di generi diversi), e il premio Tenco (tempio della canzone d’autore). Se una volta i cast (e i premiati) erano diversi per ogni manifestazione, adesso non più, del resto i Sanremo dagli anni Novanta a oggi hanno lanciato: Laura Pausini (1993-1994), Andrea Bocelli (1994-1995), Giorgia (1995), Marco Masini (1990-1991), i Tazenda (1993-1994), Gianluca Grignani (1995), Daniele Silvestri (1995), il gruppo vocale Neri per Caso (1995), Spagna (1995), Elio e le Storie Tese (1996), Syria (1996), Carmen Consoli (1996-1997), Marina Rei (1996-1997), Nek (1997), Paola e Chiara (1997), Niccolò Fabi (1997), Alex Britti (1999), Max Gazzè (1999), i Tiromancino (2000), Gigi D’Alessio (2000), i Subsonica (2000), gli Avion Travel (con la discussa vittoria al Festival 2000), Elisa (2001), Francesco Renga (2001), i Gazosa (2001), Anna Tatangelo (2002-2006), Alexia (2002-2003), Sergio Cammariere (2003), Paolo Meneguzzi (2004), i Negramaro (2005), Povia (2005-2006), gli Zero Assoluto (2006), Simone Cristicchi (2006-2007), Piero Mazzocchetti (2007), Fabrizio Moro (2007-2008), Tricarico (2008) e i Finley (2008).
Con Laura Pausini, Giorgia e Anna Tatangelo (più Spagna e Alexia che hanno avuto la possibilità di avviare una carriera in «italiano» dopo tanti successi dance, cantati in inglese) il Festival ha confermato la sua caratteristica di vetrina per nuove interpreti da affiancare alle altre grandi voci della musica italiana (oltre a Mina, naturalmente), da Ornella Vanoni all’indimenticabile Mia Martini (scomparsa nel 1995), da Milva a Fiorella Mannoia, da Patty Pravo a Loredana Bertè, da Antonella Ruggiero ad Anna Oxa, che all’Ariston hanno sempre lasciato il segno da protagoniste. Da Sanremo sul fronte del rock e della canzone d’autore vanno segnalate Carmen Consoli ed Elisa, (la giovane friulana che ha iniziato cantando in inglese e oggi alterna le due lingue), mentre Gianna Nannini è tornata in auge nel 2006 con l’album Grazie che ha fatto riscoprire la rocker senese.

Non tutti i nuovi sono passati da Sanremo, qualcuno è stato anche escluso dalla selezione ma poi è riuscito ugualmente a emergere, grazie a brani davvero travolgenti che non sono durati solo lo spazio di un’estate. Citiamo ad esempio 50 special dei Lunapop di Cesare Cremonini o Xdono di Tiziano Ferro (o anche gli Zero Assoluto che però si sono ripresentati nel 2006 e al Festival hanno conquistato definitivamente il successo). Diventati entrambi grandi protagonisti della nuova canzone italiana (Cremonini ha proseguito da solo), soprattutto Ferro, che ha varcato i confini nazionali con la sua voce profonda e particolare e la sua passione per il Rhythm & Blues, che riesce a far convivere con la melodia e i testi romantici con ottimi risultati per album come Rosso relativo e Centoundici (quello di Sere nere). Pop di buon livello da affiancare a quello d’autore di artisti come Eros Ramazzotti, Biagio Antonacci e Nek, oltre a Raf e Mango, ma soprattutto Gigi D’Alessio, il cantante napoletano (uno dei pochi diplomati al conservatorio) che è riuscito a superare i confini della sua città e a diventare non solo un divo italiano ma anche internazionale con le sue canzoni che uniscono pop e melodia e raccontano l’amore in tante sue sfaccettature, da Baglioni degli anni Duemila, mentre l’italo-svizzero Paolo Meneguzzi sembra essersi specializzato nei tormentoni per l’inverno e per l’estate.

Da Sanremo sono passati i nuovi gruppi rock come i Subsonica e i Negramaro, oltre ad altri sospesi tra rock e pop come gli Sugarfree, Le Vibrazioni fino ai Finley, l’ultima scoperta di un talent-scout come Claudio Cecchetto. Mentre sono tornati a vincere i Matia Bazar, gruppo storico in scena dagli anni Settanta come lo sono i Pooh e i Nomadi dagli anni Sessanta, nonché gli Stadio dagli anni Ottanta. Unici gruppi sempre sulla scena che non sembrano mai passare di moda.
A Sanremo è arrivato anche il rap, non quello degli Articolo 31 che sono riusciti a trovare una propria strada lontano sia dal pop che dal rap militante (fino a quando nel 2005 J Ax e Dj Jad hanno deciso di separarsi e proseguire ognuno per conto suo) ma dei Sottotono, del Piotta che nel 1998 ebbe il suo momento di gloria con Supercafone (rilettura degli anni Settanta e dei cosiddetti film di genere) e più recentemente, proprio nel 2008, il rap colto e impegnato di Frankie Hi Nrg. Ma il rap italiano non è solo questo, come non è solo Jovanotti (sempre diviso fra impegno e sentimento), e dopo aver visto il tramonto dei «militanti» 99 Posse (la band formatasi in un centro sociale, l’Officina 99 di Napoli, che ha poi pubblicato i suoi album la BMG), eccolo tornare nel 2006 con Fabri Fibra e Mondo Marcio, due rapper che affrontano la vita a muso duro e lo raccontano senza tanti fronzoli con un linguaggio molto esplicito e diretto. Un rap urbano che segue il successo mondiale di Eminem, il discusso rapper bianco che ha ottenuto grandi successi e suscitato forti polemiche per i brani in cui racconta le violenze subite e il disagio di vivere. Non un prodotto a tavolino, come potrebbe sembrare, ma un bianco con una vita da nero del ghetto, come i campioni del rap, senza però finire in giri strani e regolamenti di conti (non sono pochi i rapper statunitensi uccisi negli ultimi anni, caduti in agguati di bande rivali).

All’opposto del rap troviamo la tradizione del «bel canto», la lirica, che ormai vive anche di contaminazioni col pop, come hanno insegnato prima il grande Luciano Pavarotti (scomparso nel settembre 2007 e pianto in tutto il mondo), unico capace di unire lirica, rock e pop con i Pavarotti & friends e poi Andrea Bocelli che proprio a Sanremo ha compiuto i primi passi ed è ormai destinato a seguirne i successi in tutto il mondo, sia pure senza raggiungere gli eccelsi livelli del maestro e dei suoi famosi «do di petto». Al Festival altri hanno provato queste contaminazioni, senza però riuscire a ripetere i fasti di Bocelli, come ad esempio Alessandro Safina, Filippa Giordano e Piero Mazzocchetti, di cui si sentirà parlare nel prossimo decennio.
A Sanremo sarà difficile che partecipino in gara brani strumentali, ma come ospiti sì anche perché ormai i pianisti sembrano poter competere, grazie alla crisi del mercato discografico e della creatività di molti artisti. Se una volta la musica classica, contemporanea e non, vendeva poco, ristretta a un pubblico di nicchia, adesso si trova a poter competere con il pop e il rock.
Se agli inizi del 2000 è toccato a Hevia con le sue cornamuse elettroniche e la sua musica celtica capace di ammaliare tutti e conquistare il primo posto in hit parade, negli ultimi due anni si è arrivati direttamente ai Notturni di Chopin suonati da Maurizio Pollini, ben presto soppiantati però in hit parade dagli album di Stefano Bollani e soprattutto di Giovanni Allevi, divenuto ormai un vero e proprio divo grazie anche alla complicità di uno spot pubblicitario che ha fatto conoscere la sua musica. Del resto dagli anni Novanta il binomio musica e pubblicità è diventato molto stretto. Non a caso addirittura sono state lanciate le compilation della serie Top of the spot con le musiche più famose degli spot, in quanto non pochi sono stati i casi di artisti scoperti proprio grazie alla pubblicità e di brani che pubblicati anni prima e dimenticati fino a quando la pubblicità non li ha riesumati facendoli assurgere a vita nuova. Simile, in parte, il caso del «po-po-po-po-po» cantato negli stadi dai tifosi della Roma, che nel 2006 è diventato il coro che ha accompagnato la vittoria dell’Italia alla Coppa del Mondo in Germania. Ebbene si tratta di un riff tratto da Seven Nation Army, una vecchia canzone degli White Stripes che dopo il Mondiale è stata riportata nei negozi e naturalmente è giunta ai primi posti della hit parade.

Alla pubblicità sono ricorsi anche rocker e cantautori. Ebbene sì non bisogna sorprendersi se Vita spericolata ha accompagnato gli spot di una marca di prodotti per la primissima infanzia (nel mondo d’oggi, del resto, la scelta di avere uno o più figli è davvero rock, rivoluzionaria), mentre quando Senza parole è stata prestata a una casa automobilistica, i fans di Vasco Rossi si sono fatti sentire e il rocker di Zocca dopo poco ha dovuto rinunciare. Ligabue invece ha legato il successo di Happy hour a una compagnia telefonica per cui non si sa se ha vinto il Festivalbar 2006 per i numerosissimi passaggi televisivi dello spot oppure se per luce propria, mentre Pino Daniele e i Litfiba hanno avuto lo stesso sponsor, una casa automobilistica che alternava gli spot con la canzone dell’uno o degli altri. Del resto questo uso «mercantile» della musica vanta illustri esempi dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna dove anche «mostri sacri» come Bob Dylan e i Rolling Stones hanno concesso brani classici che fanno parte della storia della musica mondiale per incrementare le vendite di un’automobile oppure per lanciare un nuovo sistema per computer. Allo stesso modo non ci si deve sorprendere se ormai una delle nuove entrate della musica, e una discreta fetta di mercato musicale, è occupata dalle cosiddette suonerie.
Tutte le canzoni ormai vengono trasformate in suonerie per telefonini e se inizialmente tanti artisti «schifavano» questa opzione adesso non più e sempre più spesso nei cd viene concessa l’opportunità per collegarsi a internet e scaricare (naturalmente a pagamento) le musiche dei brani che più interessano dell’album. Un’opportunità (ormai bisogna definirla così) alla quale ormai non sfuggono nemmeno i cantautori, anche se la canzone d’autore non è più impegnata come una volta, forse perché è sempre più difficile per loro riconoscersi nella sinistra degli anni Settanta. La sinistra degli anni Novanta è andata al governo con Prodi, D’Alema e Amato, ma ha profondamente deluso (per non parlare poi dell’esperienza 2006-2008 di Prodi), allontanando di fatto i cantautori che credevano in un cambiamento dall’impegno e dalla militanza politica tramite le canzoni.
L’unico rimasto è Francesco Guccini, mentre piano piano i vari Pino Daniele, Luca Carboni, Roberto Vecchioni, Antonello Venditti, Francesco De Gregori hanno preso le distanze. De Gregori ha fatto anche di più e non solo con interviste molto dure e polemiche (d’altronde uno dei suoi maestri è il «corsaro» Pier Paolo Pasolini e all’università ha studiato con lo storico Renzo De Felice). Ha inciso una bellissima canzone (davvero struggente la melodia, arrangiata da Franco Battiato) come Il cuoco di Salò (ha vinto vari premi come miglior canzone dell’anno), che descrive attraverso gli occhi di un giovane cuoco tre aspetti dell’esperienza della Repubblica Sociale Italiana e della guerra civile: la decadenza pasoliniana delle attrici e delle cantanti che si recano dai gerarchi («Alla sera vedo donne bellissime / da Venezia arrivare fin qua»), le paure del cuoco non schierato dinanzi al prossimo arrivo di americani e partigiani («Io mi chiedo che faccia faranno / a trovarmi in cucina / e se vorranno qualcosa per cena») e le ragioni di quanti hanno combattuto nella RSI pensando di difendere l’onore dell’Italia («Se quest’acqua di lago potesse ascoltare / quante storie potrei raccontare stasera / quindicenni sbranati dalla primavera / scarpe rotte che pure gli tocca di andare / Che qui si fa l’Italia e si muore / dalla parte sbagliata / in una grande giornata si muore»). Una canzone che naturalmente non ha mancato di sollevare polemiche (piaciuta ai reduci della RSI, pur affermando che combattevano «dalla parte sbagliata», osteggiata da partigiani e storici antifascisti) e qualche fischio durante i concerti, nei quali De Gregori, forse per «par condicio» suonava poi una canzone popolare della sinistra degli anni Cinquanta come L’attentato a Togliatti, seguita poi nel 2003 dall’operazione Il fischio del vapore in cui assieme a Giovanna Marini ha inciso canzoni della tradizione popolare, politica e non.

Emblematico poi il successo che ha raggiunto Giorgio Gaber nel 2001 con l’album La mia generazione ha perso in cui ha fatto il quadro del fallimento della generazione del Sessantotto (quello cantato da Vasco Rossi in Stupendo), cantando contro il «politically correct» e contro il «buonismo» (ovvero l’ipocrisia di quelli che vorrebbero sembrare buoni). Per la prima volta nella sua carriera è arrivato ai primi posti della hit parade. Peccato che sia morto a gennaio 2003, lasciando in eredità un altro album molto discusso come Io non mi sento italiano, pubblicato venti giorni dopo la morte e che è arrivato in testa alla hit parade. Il successo «post-mortem» (per Gaber c’è stata anche la riabilitazione poiché molti a sinistra non lo accettavano più come «coscienza critica», utilizzando come scusa il fatto che sua moglie Ombretta Colli è entrata in politica con Berlusconi, ma il suo «teatro-canzone» colpiva sempre, non risparmiava niente e nessuno) non è una novità, anche se non ha riguardato tutti gli artisti deceduti in questi anni come Domenico Modugno (1994), Ivan Graziani (1997) e Pierangelo Bertoli (2002).
Esemplare al riguardo la riscoperta di Rino Gaetano, il cantautore calabrese scomparso nel 1981 in un incidente stradale a soli trent’anni, diventato un «fenomeno cult» per le nuove generazioni che periodicamente vede le sue raccolte tornare ai primi posti della classifica. Ebbene le sue canzoni, a venti, venticinque, trenta anni di distanza, mantengono tutta la loro attualità e non solo le più note Nuntereggaepiù, Gianna, Aida, Ma il cielo è sempre più blu, ma anche le minori (un suo inedito, In Italia si sta male [si sta bene anziché no] ha partecipato a Sanremo 2007, cantato dall’attore Paolo Rossi). È la forza dell’ironia di chi osava sfidare i luoghi comuni senza schierarsi e colpendo a 360 gradi (non a caso era stato dimenticato dalle varie «parrocchie» politico-musicali). Un ruolo che non a caso nella canzone italiana nessuno ha più ricoperto, per cui le sue canzoni restano davvero un «unicum», e in più di un’occasione sono state eseguite anche dalle nuove generazioni di cantautori.
Generazioni quella degli anni Novanta con Vinicio Capossela, novello Paolo Conte, Gianmaria Testa e i più tradizionali e politicamente molto impegnati Daniele Silvestri e Samuele Bersani, e quella degli anni Duemila con Tricarico, Mario Venuti e Pacifico, molto apprezzati anche solo come autori, nonché il politicamente impegnato Caparezza. Fanno molto ben sperare Simone Cristicchi (arrivato al successo con l’ironica Voglio cantare come Biagio Antonacci), che ha vinto Sanremo 2007 con Ti regalerò una rosa e il più naif Povia (emerso con I bambini fanno oh), che ha vinto Sanremo 2006 con Vorrei avere il becco e per il quale la carriera si annuncia più difficile poiché non solo ha cantato l’amore monogamico ma ha anche polemizzato con il Concerto del Primo Maggio e si è esibito al Family Day organizzato da alcune associazioni cattoliche.

Se questi sono i nuovi cantautori, i «vecchi» non accontentandosi più solo delle canzoni cercano nuove strade e nuove sfide. Qualcuno ha provato come conduttore televisivo. Ad esempio Enrico Ruggeri, musicalmente sempre diviso tra la canzone d’autore e il rock degli inizi, ma confermato in tv, mentre Claudio Baglioni in coppia con Fazio dopo il successo di Anima mia non è riuscito a fare il bis con L’ultimo valzer e si è messo a fare l’organizzatore sull’isola di Lampedusa del festival O’ Scià. Il cinema ha esercitato sempre grande fascino e se finora cantanti e cantautori venivano coinvolti solo per le colonne sonore, adesso qualcuno ha anche fatto il salto dietro la macchina da presa come Ligabue con Radiofreccia e Da zero a dieci e Franco Battiato che pur continuando a realizzare album, ha anche girato tre film (Del mio perduto amore, il molto discusso Musikanten e Niente è come sembra). Lucio Dalla che in passato ha recitato come attore, si è cimentato come regista di opere liriche, ma soprattutto come autore di un’opera moderna Tosca amore disperato, ispirata alla storia immortalata dall’opera lirica di Puccini.

E l’opera moderna, il musical rappresenta la nuova frontiera degli anni Duemila. Ad avviare la strada è stato Riccardo Cocciante, il cantautore italo-francese che a Parigi ha preparato Notre Dame de Paris, opera che ha girato il mondo ed è stata realizzata in tante versioni a partire dall’italiano fino al russo. Un successo strepitoso che ha un po’ contagiato e un po’ stimolato i suoi colleghi a partire da Edoardo Bennato che per il suo Peter Pan non ha fatto altro che recuperare i brani di suoi album degli anni Ottanta Sono solo canzonette ed È arrivato un bastimento. Contagiati anche due gruppi storici come i Pooh, sempre sulla scena dopo più di quarant’anni di carriera, che hanno voluto affrontare Pinocchio mentre più azzardata la scelta della PFM, gruppo storico del rock italiano, che dopo tanti anni è tornato sulla scena e ha voluto proporre una sua versione di Dracula, non un’opera horror ma un amore difficile e contrastato. E se Cocciante ha già preparato la sua nuova fatica Giulietta e Romeo, presentata in anteprima all’Arena di Verona (e non poteva essere diversamente), Gianna Nannini ha colto l’occasione per riuscire a realizzare la sua Pia de’ Tolomei che racconta il dramma della nobildonna toscana condannata ingiustamente dal marito. Sembrano tornare di moda i concept album (in teatro sono stati già riproposti La Buona Novella e Storia di un impiegato, entrambi di Fabrizio De Andrè, mentre altri hanno preso il testimone di Giorgio Gaber e del suo «teatro-canzone»), perché gli italiani sembrano non accontentarsi più di una sola canzone da tre-quattro minuti, chiedono di più. E chissà quanti altri seguiranno la strada in un momento in cui tutti profetizzano al contrario per i prossimi anni la fine del prodotto album e l’avvento delle singole canzoni su internet.

2000
Il 2000 si apre sulle note elettroniche delle cornamuse di Hevia e si chiude all’insegna di un classico del pop: i Beatles. Con 18 milioni di copie vendute in cinque settimane e il primo posto nelle hit parade di 30 Paesi, 1 (One) resta l’evento musicale di un anno ricco di sorprese, come i Lunapop, e conferme, come Adriano Celentano e Carlos Santana. I 27 brani dei «Fab Four», giunti a suo tempo al numero uno nelle classifiche inglesi e americane fra il 1963 e il 1970, sono forse il modo migliore per celebrare il ventennale della morte di John Lennon e confermare la modernità dei Beatles che cambiarono il mondo quando uscirono la prima volta e conservano tutto il loro fascino anche per le generazioni successive. La rivelazione italiana sono i Lunapop che hanno superato le 700.000 copie del loro album d’esordio, ...Squerez?, e più di 50.000 per il doppio cd natalizio Squerez Special 2000 (loro sono appena arrivati, ma la casa discografica ha subito capito come sfruttarli fino in fondo). Il 2000 è stato anche la conferma di Adriano Celentano con Io non so parlar d’amore (uscito nel 1999) che ha superato il milione e 700.000 copie vendute, mentre il successivo Esco di rado e parlo ancora meno, scritto sempre da Mogol e Gianni Bella, uscito prima di Natale ha superato le 800.000 copie. Insomma una bella soddisfazione, come del resto quella di Carlos Santana, il leggendario chitarrista che con Supernatural ha aggiornato la sua creatività grazie alla collaborazione di artisti pop e hip hop, realizzando vendite straordinarie non solo negli Stati Uniti dato che in Italia è stato quattro mesi al primo posto, pur trattandosi di un album uscito nel 1999.Altri protagonisti italiani: Eros Ramazzotti con Stilelibero, Mina alle prese con il gregoriano per Dalla terra, Francesco Guccini con Stagioni, Renato Zero con I miei numeri che contiene anche Tutti gli zeri del mondo (sigla dell’omonimo programma tv), i Pooh con Cento di queste vite, Laura Pausini con Tra te e il mare e Biagio Antonacci con la sua prima raccolta Tra le mie canzoni. E poi Vinicio Capossela con lo stralunato Canzoni a manovella, Ivano Fossati con La disciplina della terra, Nek con La vita è e i Nomadi con Liberi di volare. Da segnalare poi il primo album solista di Piero Pelù (Né buoni né cattivi) che va meglio del primo album dei Litfiba senza Pelù (Elettromacumba).

A Sanremo, il secondo condotto da Fabio Fazio (con Luciano Pavarotti e Ines Sastre) a sorpresa vincono gli Avion Travel con Sentimento, grazie al ribaltone effettuato della giuria di qualità, davanti a Irene Grandi con La tua ragazza sempre, scritta da Vasco Rossi, e Gianni Morandi con Innamorato, mentre tra i giovani al secondo posto dietro Jenny B. con Semplice sai ci sono i Tiromancino e Riccardo Sinigallia con Strade. Le rivelazioni in termini di vendite sono Gigi D’Alessio (Non dirgli mai) e i Subsonica (Tutti i miei sbagli), oltre a Carmen Consoli (In bianco e nero), ormai una realtà della musica al femminile.
Il Festivalbar va ai Lunapop con Qualcosa di grande e a Ligabue per l’album Miss Mondo. Premio internazionale a Bon Jovi per It’s my life e premio radio a Paola e Chiara con Vamos a bailar, tormentone estivo assieme a Cartoon Heroes degli Aqua, Sexbomb di Tom Jones, Depende di Jarabe De Palo, Me cago en el amor di Tonino Carotone, Para no verte mas dei La Mosca e Una su un milione di Alex Britti. Altri singoli: Where I’m headed di Lene Marlin e Again di Lenny Kravitz.

Sulla scena internazionale il 2000 ha confermato gli U2 (All that you can’t leave behind) e Madonna (Music), oltre al live dei Pink Floyd con i concerti tenuti a Londra per The Wall nel 1980-1981, gli Oasis, considerati un po’ i nuovi Beatles, e Mark Knopfler con Sailing to Philadelphia. La rivelazione è Hevia con No man’s land, grazie all’atmosfera celtica-pop ottenuta con la speciale cornamusa elettronica da lui stesso progettata. L’altro fenomeno nuovo, quanto discusso e discutibile, è Eminem, considerato il più volgare, sessista e arrogante rapper bianco che sia riuscito a sbancare il mercato (il suo produttore naturalmente è un nero), forte del suo vissuto non certamente facile e quindi della sua credibilità. Altre presenze un po’ a sorpresa Marilyn Manson, i Rage Against the Machine e i Limp Bizkit, nonché i Radiohead, mentre sulla scena pop oltre alle «ninfette» Britney Spears e Christina Aguilera, l’ultimo acuto delle Spice Girls (la band femminile inglese, studiata a tavolino che è riuscita in pochi anni a dominare il mercato di bambine e preadolescenti, e che con il singolo d’esordio nel 1996 aveva venduto 5 milioni di copie), i Backstreet Boys e poi Ricky Martin. Per la dance grande successo per Moby con Play, nonché per gli italianissimi Eiffel 65.

2001
L’anno si apre con Francesco De Gregori e il suo Amore nel pomeriggio, con la già citata Il cuoco di Salò e si chiude con Olmo & friends un disco per aiutare Emergency e le vittime afgane, voluto dalla Gialappa’s Band (Olmo è l’attore Fabio De Luigi). Il dominatore dell’anno è Vasco Rossi con l’album Stupido hotel, ma lasciano il segno anche Giorgio Gaber con il già citato La mia generazione ha perso, Zucchero con Shake (la travolgente Baila fa ballare tutta Italia) e la rivelazione Tiziano Ferro con Xdono, seguita dall’album Rosso relativo che dominerà nel corso del 2002. Mina torna a farsi vedere su internet con un documento di un’ora realizzato nel suo studio di registrazione per il portale di una nota compagnia di telefonia mobile e fissa e pubblica anche un album di omaggio alle canzoni di Domenico Modugno (Sconcerto); Antonello Venditti ritorna in concerto al Circo Massimo. Del resto la Roma vince il suo terzo scudetto e per il romanista più conosciuto è d’obbligo festeggiare con un concerto immortalato nell’album Circo Massimo 2001 che vede la particolarità della partecipazione di Corrado Guzzanti che imita bonariamente Venditti e il suo stile cantando Raccordo anulare, ispirato a Bomba o non bomba.
A Sanremo vince Elisa con Luce (tramonti a nord est) davanti a Giorgia con Di sole e d’azzurro e i Matia Bazar con Questa nostra grande storia d’amore. Tra i più venduti Gigi D’Alessio con l’album Il cammino dell’età ed Elisa che si impone con la riedizione dell’album Asile’s world , oltre ad Alex Britti con Sono contento. Tra i giovani vincono i ragazzini Gazosa (56 anni in quattro per un fresco e piacevole rock-pop) con Stai con me (forever) ed esordiscono Francesco Renga che ha lasciato i Timoria con Raccontami e Paolo Meneguzzi con Ed io non ci sto più.

Il Festivalbar va a Vasco Rossi con Ti prendo e ti porto via, mentre il premio radio tocca a Raf per Infinito, il premio internazionale a Noelia per Candela e infine il premio rivelazione italiana a Valeria Rossi per Tre parole, tormentone estivo. Altri brani Wwwmipiacitu (Gazosa), Io sono Francesco (Tricarico), Can’t get you out of my head (Kylie Minogue), It’s raining men (Geri Halliwell) e soprattutto Me gustas tu (Manu Chao).
Anche in Italia, nell’anno in cui si sciolgono definitivamente le Spice Girls, provano a fare una band pop al femminile a tavolino, anzi in tv, affidata al programma Popstar. Nascono così le Lollipop. Arrivano anche al primo posto dei singoli con Down down down. Un successo che dura poco. Il tempo di una presenza a Sanremo con Batte forte e poi nulla di più.
Altri protagonisti: Luca Carboni (con l’album Luca e il piacevole tormentone di Mi ami davvero), Renato Zero (La curva dell’angelo), Franco Battiato (Ferro battuto), gli 883 (Uno in più), Laura Pausini (la sua prima raccolta The best), Andrea Bocelli (Cieli di Toscana), Lucio Dalla (Luna matana), Biagio Antonacci (9 novembre 2001), i Pooh (Best of the best) e poi Fiorella Mannoia (Fragile), Pino Daniele (Medina), Ornella Vanoni (Un panino, una birra e poi), Ivano Fossati con lo strumentale Not one word, Irene Grandi (Irek) ed Edoardo Bennato (Afferrare una stella).

A livello internazionale i protagonisti sono i Pink Floyd (con la raccolta Echoes), Bruce Springsteen (Live in New York City), Rem (Reveal) e Jamiroquai (A funk odissey), oltre a Jennifer Lopez (J.Lo), Britney Spears (Britney) e il Greatest Hits dei Backstreet Boys, mentre si rivela un mezzo flop Invincible di Michael Jackson. Il 2001, però, è segnato anche sul piano musicale dall’attentato dell’11 settembre alle Twin Towers, il World Trade Center di New York e l’Operazione Enduring Freedom con l’intervento militare americano e dei suoi alleati contro il regime dei talebani in Afghanistan. Per la prima volta si scopre il rock patriottico o forse il patriottismo degli americani, allargato al di qua dell’oceano.
Si scatena una corsa al patriottismo e al ringraziamento per i soccorritori, con album (God bless America è quello che colpisce di più) e concerti che vedono in prima fila gli inglesi con in testa Paul McCartney (che ha pure inciso Freedom) ma gli americani non si tirano certo indietro, a partire da Michael Jackson che ha organizzato un concerto a Washington. Il più importante è però quello che si tiene a New York. Un concerto patriottico che ha unito l’America (con il contributo di molte star inglesi a partire da McCartney, Jagger, Bowie, Elton John) aldilà della politica, come ha tenuto a ricordare il senatore democratico Daschle («Qui non ci sono democratici o repubblicani, qui ci sono solo americani») salito sul palco dopo l’emozionante avvio di David Bowie con America (un classico di Simon & Garfunkel) ed Heroes, canzone che più di ogni altra ha ben sintetizzato la lunga maratona del rock. Poi sul palco sono saliti anche il sindaco repubblicano di New York, l’applauditissimo Rudolph Giuliani e l’ex presidente, il democratico Bill Clinton a testimoniare questa unione dell’America e degli artisti americani, non solo rockstar, ma anche attori (Billy Cristal, Meg Ryan, Harrison Ford e Richard Gere, fischiato per aver usato toni quasi pacifisti), registi (Scorsese, Woody Allen, Spike Lee) e campioni dello sport.
Tutti uniti per ricordare gli eroi del WTC (i poliziotti e i pompieri morti mentre facevano il loro dovere di soccorrere e di aiutare i cittadini a uscire dai grattacieli in fiamme) citando i loro nomi, agitando santini con le loro fotografie, affermare la vitalità di New York e degli USA, nonché gridare contro Bin Laden e i terroristi. Hanno cantato anche Bon Jovi che ha galvanizzato il MSG con Dead or alive, il rapper Jay Z.e poi gli Who, Bono e The Edge degli U2, James Taylor, Billy Joel, Eric Clapton, Buddy Guy, Mick Jagger e Keith Richard, le Destiny’s Child, Marc Anthony, Elton John per finire con McCartney che dopo aver eseguito alcune canzoni fra cui Yesterday, ha richiamato tutti per eseguire Let it be e poi per risuonare la nuova Freedom con quel grido di libertà lanciato a squarciagola da tutti i presenti.

2002
Il 2002 si apre con la maratona da Guinness dei primati di Jovanotti che vuole presentare il suo singolo pacifista Salvami nel maggior numero di trasmissioni televisive possibili. Supera i 30 programmi anche se alcuni respingono la sua richiesta di partecipare per discutere di pace e di guerra, originale modo per lanciare l’album Il quinto mondo. I dominatori dell’anno sono Ligabue (Fuori come va?) e i Red Hot Chili Peppers (By the way) che si contengono la palma con Bruce Springsteen, il Boss, tornato sulla scena a sorpresa con l’album The Rising, interamente dedicato all’11 settembre nelle sue varie sfaccettature (compresa una criticata canzone che racconta la vicenda dal punto di vista dei terroristi) e alla rinascita, alla ripresa.
A Sanremo vincono i Matia Bazar con Messaggio d’amore davanti ad Alexia con Dimmi come, rivelazione del Festival al suo esordio in italiano, dopo tanti successi dance in inglese, e Gino Paoli con Un altro amore. Il tormentone dell’anno è l’ironica Salirò di Daniele Silvestri che fa il verso alla dance degli anni Ottanta, tra i più apprezzati Primavera a Sarajevo di Enrico Ruggeri e Tracce di te di Francesco Renga, mentre tra i più venduti c’è Gianluca Grignani con l’album Uguali e diversi. Tra i giovani vince la quindicenne Anna Tatangelo con Doppiamente fragili. Da segnalare anche un ospite, Roberto Benigni che lascia il segno con una canzone seria come Quanto t’ho amato.
Il Festivalbar va a Ligabue, mentre Zucchero con Shake conquista il premio per l’album dell’anno. Il premio rivelazione italiana va a Tiziano Ferro, mentre quello internazionale alle tre sorelle spagnole de Las Ketchup che con Aserejè, tormentone estivo. Altre canzoni: Something stupid (Robbie Williams e Nicole Kidman), Paid my dues (Anastacia), Whenever whatever (Shakira), Moi Lolita (Alizee), Le vent nous portera (Noir Desir), All the things she said (delle due giovanissime russe Tatu che destano scandalo, baciandosi sul palco), oltre a Die another day (Madonna), Innocente (Renato Zero) e Per me è importante (Tiromancino).

Il 13 aprile muore per le conseguenze di un incidente stradale Alex Baroni, interprete dalle grandi doti vocali. Sarà ricordato il 23 giugno, in occasione della Festa della Musica con un concerto cui parteciperanno molti artisti impegnati a eseguire il suo repertorio, mentre a ottobre in classifica arriverà Semplicemente, l’album cui stava lavorando prima dell’incidente. A fine maggio scompare Umberto Bindi, uno dei primi cantautori degli anni Sessanta che ha spesso pagato un prezzo per la sua omosessualità, non ricevendo così il giusto riconoscimento per le sue canzoni (Il nostro concerto, Arrivederci). A ottobre muore Pierangelo Bertoli, il cantautore sulla sedia a rotelle.
A giugno invece parte l’ambiziosa operazione Poker che vede sullo stesso palco per un tour insieme Pino Daniele, Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e Ron. Tour che poi naturalmente viene immortalato in un album live presentato in vista del Natale. Una sfida ambiziosa e convincente (anche se non in tutti i concerti riescono a dosare bene la scaletta, divisa in quattro, che si apre e chiude con parti comuni e interventi vari) poiché finora al massimo ci avevano provato in tre (Pino Daniele, Jovanotti ed Eros Ramazzotti). È anche l’anno di Davide Van de Sfroos, il cantautore lombardo che potrebbe sembrare un pegno da pagare alla Lega dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni politiche del 2001, ma il suo successo non è frutto della politica e se a giugno solleva polemiche un suo concerto trasmesso in tv da Rai Due, a ottobre gli viene dato il giusto merito con l’assegnazione della Targa Tenco per il miglior album in dialetto che liquida qualsiasi tentativo di etichettarlo come cantautore leghista.

Altri protagonisti: Tiziano Ferro (Rosso relativo), Subsonica (Amorematico), Articolo 31 (Domani smetto), Nomadi (Amore che prendi amore che dài), Giorgia (Greatest hits), Franco Battiato (Fleurs 3 anche se in realtà il numero 2 non è mai stato pubblicato), Gigi D’Alessio (Uno come te), Carmen Consoli (L’eccezione), Celentano (Per sempre), Vasco (Vasco Rossi tracks), Eminem (The Eminem show) e U2 (The best).

2003
L’anno si apre con la morte di Giorgio Gaber e si conclude con la vicenda giudiziaria che vede Michael Jackson accusato di pedofilia. Da ottobre viene accentuata la corsa alla vendita natalizia, con il mondo discografico che si lancia verso il «suicidio» e che vede addirittura il fallimento di artisti che non hanno sfigurato nella prima parte dell’anno con le loro raccolte (vedi Giorgia con il suo Greatest Hits, favorito dal singolo Gocce di memoria, colonna sonora del film La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek, che ha venduto più di 600.000 copie, per poi andare maluccio con l’inedito Spirito libero). Altri artisti si sono trovati in difficoltà con il loro album di inediti (Lucio Dalla con Lucio, Antonello Venditti con Che fantastica storia è la vita) anche se alcuni sono andati egualmente bene (Renato Zero con La cattura, Elisa con Lotus, Tiziano Ferro con 111), mentre nessun problema per il «live» di Ligabue (Giro d’Italia) o le raccolte di Gigi D’Alessio (Buona vita) e di Nek. Comunque a livello di album il dominatore è stato Eros Ramazzotti con il suo 9, come a livello di dvd (la nuova frontiera del mercato discografico) Vasco Rossi con il live dei concerti tenuti a luglio a San Siro, evento musicale dell’anno e polemica extramusicale per via della maglietta con la foglia di marijuana che indossava e ha provocato varie proteste.

A Sanremo vince Alexia con Per dire di no davanti a 7000 caffè di Alex Britti e Tutto quello che un uomo di Sergio Cammariere, rivelazione del Festival con l’album Dalla pace del mare lontano. Tra i più apprezzati Nessuno tocchi Caino di Enrico Ruggeri, Morirò d’amore di Giuni Russo (gravemente malata, sarà la sua ultima apparizione: morirà infatti nel settembre 2004), Tonight dei Negrita e Quelli che non hanno età degli Eiffel 65. Tra i giovani vince Dolcenera con Siamo tutti là fuori.
Il Festivalbar va a Eros Ramazzotti per 9. Il premio radio a Neffa per Prima di andare via, il premio rivelazione italiana a Le Vibrazioni per In una notte d’estate e il premio international ai Tribalistas per Ja sei namorar, brano troppo colto e raffinato per poter essere il solito tormentone estivo come Chihuahua di Dj Bobo, Dedicato a te che ha fatto scoprire il gruppo de Le Vibrazioni o La canzone del capitano di Dj Francesco.
Di occasione per riflettere ne ha fornite tante l’album postumo di Giorgio Gaber Io non mi sento italiano che ha sorprendentemente raggiunto la prima posizione in classifica, ma del resto gli italiani amavano molto i suoi spettacoli in cui non risparmiava niente e nessuno, coscienza critica non solo della sinistra, ma di tutta l’Italia. E a sorpresa in estate un altro scomparso va la secondo posto in classifica è Rino Gaetano, morto nel 1981 con la raccolta Sotto i cieli di Rino. Altri protagonisti: Vasco Rossi (Tracks), Baglioni (Sono io – L’uomo della storia accanto), Nomadi (Nomadi 40), Robbie Williams (Escapology), Queen (Platinum collection), Linkin Park (Meteora), Marilyn Manson (The golden age of grotesque) e Rem (In time). Altre canzoni: Almeno tu nell’universo (Elisa), Don’t call me baby (Mina), Mundian to bach ke (dell’indiano Panjabi Mc), Bring me to life (Evanescence), Get busy (Paul Sean) e Obsesion (Aventura).

Se Vasco è l’evento italiano, Paul McCartney quello straniero, anche se sempre su territorio italiano. Ci riferiamo infatti ai due concerti tenuti dall’ex Beatles al Colosseo. Il primo, sabato 10 maggio all’interno dell’Anfiteatro Flavio per poche centinaia di eletti a fini di beneficenza, il secondo fuori gratuito, il giorno dopo in via dei Fori Imperiali davanti a 500.000 persone giunte da tutta Italia per cantare i grandi successi dei Beatles e della sua carriera da solista. E se McCartney è diventato re di Roma (sia pure solo per due sere) uno dei suoi rivali «storici», Mick Jagger dei Rolling Stones (altro gruppo sempre sulla breccia in tour, anche se ormai sono quasi tutti «over 60») è stato finalmente insignito del titolo di sir dalla regina Elisabetta, dimostrando che sono proprio lontani i tempi del rock come protesta, come rivoluzione, come scandalo.
Lo scandalo del 2003 (se può essere considerato tale) è il bacio saffico agli Mtv Awards tra Madonna e Britney Spears, che segna quasi il passaggio di testimone tra due generazioni (la prima anagraficamente potrebbe essere la mamma della seconda) consentendo a entrambe di avere un nuovo momento di gloria: Madonna ormai scrive libri di favole per bambini (il suo album American life non è andato benissimo) e la Spears cerca di rifarsi un «ruolo» e dopo la «brava ragazza» tocca alla «grande peccatrice» (purtroppo la vita dimostrerà che gli andrà veramente molto male, tra depressione e malanni vari dopo un matrimonio finito presto e due figli, di cui è stata privata).
Per il settore proteste bisogna rilevare che al Primo Maggio di Roma hanno dovuto chiamare nel cast Daniele Silvestri che pur non avendo album in promozione e pur avendo cantato già l’anno precedente, ha riproposto Il mio nemico, non perdendo l’occasione per lanciare un attacco al governo Berlusconi in diretta tv. Un copione già visto come le accuse a Bush per la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, lanciate da Meg dei 99 Posse e dai Tiromancino. L’ultima protesta dell’anno, quella di Lauryn Hill al Concerto di Natale in Vaticano per accusare la Chiesa di pedofilia, invece non è andata in onda, poiché, per fortuna degli organizzatori, il concerto viene registrato due settimane prima e quindi hanno potuto tranquillamente «tagliare» la sua presenza.
Infine oltre a Gaber sono scomparsi anche Barry White, Maurice Gibb (con lui finisce la storia dei Bee Gees) e i due «vecchietti terribili» della canzone, entrambi ultranovantenni ma sempre sulla breccia: il cubano Compay Secundo e Roberto Murolo, una delle grandi voci di Napoli. Da segnalare infine una notizia di cronaca nera con protagonista il francese Bertrand Cantat, il leader dei Noir Desir, che a fine luglio durante una lite uccide a Vilnius la sua compagna, l’attrice Marie Trintignant. Condannato a 8 anni dalla Lituania è stato poi trasferito in Francia dove è tornato in libertà condizionata nel 2007.

2004
Dominatore dell’anno è Vasco Rossi con Buoni e cattivi (l’album di Un senso), assieme agli U2 con Vertigo e l’album How to dismantle an atomic bomb, mentre i Blue, visto il successo nel nostro Paese decidono di proporre una canzone in italiano A chi mi dice che fa ottenere un grande successo alla raccolta The best of Blue. Si afferma sul mercato anche Michael Bublé che con l’album omonimo raccoglie il testimone di crooner, riproponendo i classici di Sinatra e altri evergreen della canzone mondiale.

A Sanremo, un’edizione «povera e difficile», l’edizione della sopravvivenza, organizzata da Tony Renis e che vede la «non partecipazione» delle multinazionali del disco (oltre al boicottaggio politico della sinistra con l’onorevole Nando Dalla Chiesa che organizza a Mantova un Festival alternativo cui partecipano vari artisti). Renis coadiuvato da Gianmarco Mazzi punta su un cast strano ma completo dal rap alla dance alla canzone d’autore, portando artisti come Neffa, Pacifico, Mario Venuti. Completa il quadro l’arrivo nella serata finale di Adriano Celentano che aggiunge il suo tocco, difendendo Renis. Vince Marco Masini con L’uomo volante davanti a Mario Rosini con Sei la vita mia e Aria sole terra e mare di Linda, prima dei sei giovani in gara nella classifica unica con i 16 big. Tra i più apprezzati Paolo Meneguzzi con Guardami negli occhi (prego), Mario Venuti con Crudele e Dj Francesco con Era bellissimo. Masini può così riprendere la sua carriera (era ormai giunto al ritiro per via di qualche album poco convincente e delle malelingue che lo volevano «cantore della sfiga»).

A marzo viene lanciata un’operazione interessante sia dal punto di vista commerciale che per i fans. Biagio Antonacci presenta il suo nuovo album doppio Convivendo, ma lo divide in due parti. La parte 1 esce subito al prezzo speciale di 10,90 euro (anziché i soliti 18-20 euro). La seconda seguirà a distanza di mesi. Dovrà cambiare idea poiché l’album ottiene un grande successo, consentendo ad Antonacci di affermarsi definitivamente tra i big della canzone italiana e quindi la parte 2 viene rinviata al 2005. Altro protagonista è Tiziano Ferro che con 111 bissa il successo di Rosso relativo confermandosi una realtà per la nostra scena musicale.
Il Festivalbar va a Zucchero per Il Grande Baboomba, il premio album a Biagio Antonacci per Convivendo parte I, il premio rivelazione italiana a Luca Dirisio per Calma e sangue freddo e quella internazionale a Eamon per F**k it. Altre canzoni: Dragostea din tei (Haiducii), Left outside alone (Anastacia), Fuori dal tunnel (Caparezza), My prerogative (Britney Spears) e Do they know it’s Christmas (Band Aid 20). Sono passati vent’anni dal Natale 1984 quando Bob Geldof lanciò l’operazione di beneficenza per l’Etiopia e la canzone che assieme all’americana We are the world fece da colonna sonora viene riproposta eseguita stavolta dalle nuove leve della musica britannica come i Coldplay, Travis e Darkness.
Altra reunion a distanza di 20 anni è quella di Gino Paoli e Ornella Vanoni che tornati insieme per un tour incidono anche l’album Ti ricordi? No, non mi ricordo.
Il 2 giugno, Festa della Repubblica, arriva un riconoscimento ufficiale per la canzone d’autore. Tre suoi illustri esponenti come Franco Battiato, Francesco Guccini e Roberto Vecchioni ricevono dal presidente Carlo Azeglio Ciampi l’onorificenza di Ufficiali della Repubblica. Non possono essere fatti baronetti come i Beatles, però è un segnale importante perché dimostra che la musica non viene considerata un’arte di serie B, ma un’espressione culturale come le altre.
Altri protagonisti: Adriano Celentano (C’è sempre un motivo), Laura Pausini (Resta in ascolto), Zucchero che raccoglie il meglio dei suoi duetti in Zu & co., Francesco Guccini (Ritratti), Fiorella Mannoia (Concerti), Mina (la raccolta Platinum collection), Pino Daniele (Passi d’autore), i Pooh (Ascolta), Franco Battiato (Dieci stratagemmi), Paolo Conte (Elegia), Gigi D’Alessio (Quanti amori), Norah Jones (Feels like home), Ray Charles (Genius loves company), i Rem (Around the sun), Robbie Williams (Greatest hits) e George Michael (Patience), mentre Max Pezzali decide di presentarsi solo col suo nome e non più come 883 per l’album Il mondo insieme a te.

2005
Un anno a tutto rock con il trionfo di Ligabue con l’album Nome e cognome, la riproposizione a vent’anni dal Live Aid di un maxiconcerto di beneficenza in contemporanea in varie città del mondo (stavolta c’è anche Roma) come quello in occasione del G8, e per finire anche la trasmissione Rockpolitik di Adriano Celentano con il tormentone del dualismo lento/rock (lento per definire le cose che non piacciono o non vanno e rock per quelle ok). Per il pop italiano e mondiale scendono in campo Eros Ramazzotti con Calma apparente e Madonna con Confessions on a dance floor.

A Sanremo diviso in categorie vince Francesco Renga con Angelo davanti a Toto Cutugno e Annalisa Minetti con Come noi nessuno al mondo e Antonella Ruggiero con Echi d’infinito. Tra i più venduti Gigi D’Alessio con L’amore che non c’è e Paolo Meneguzzi con Non capiva che l’amavo. La vera rivelazione è I bambini fanno oh di Povia, non in gara, che accompagna la campagna per il Darfur. Tra i giovani vince Laura Bono con Non credo ai miracoli, mentre si segnalano i Negramaro con Mentre tutto scorre, anche se non arrivano in finale. A Sanremo, sia pure solo come opinionista, fa la sua ultima apparizione Sergio Endrigo (morirà il 7 settembre) da anni in polemica con il mondo discografico che ingiustamente l’ha messo da parte.
Il Festivalbar va a Nek con Lascia che io sia, il premio rivelazione italiana va ai Negramaro per Estate, quello internazionale a Daniel Powter con Bad day, mentre Jovanotti riceve per Tanto 3 il premio best performance. Altre canzoni: Cleptomania (Sugarfree), La camisa negra (Juanes). Altri protagonisti:Vasco Rossi (Buoni o cattivi: live in anthology), Claudio Baglioni (Tutti qui), Francesco De Gregori (Pezzi), Renato Zero (Il dono), Biagio Antonacci (Convivendo parte 2), Max Pezzali (Tutto Max), Riccardo Cocciante tornato sulla scena con la raccolta Songs, Francesco Guccini (il live Anfiteatro), Enrico Ruggeri (Amore e guerra). Michael Bublé (It’s time) e Robbie Williams (Intensive care).

Ligabue il 10 settembre al Campovolo di Reggio Emilia realizza un concerto record: record di incassi con più di 170.000 biglietti venduti (il record precedente era degli U2, sempre a Reggio Emilia con 146.000), record di palchi utilizzati per il concerto, ben quattro per esibirsi in altrettante «situazioni» musicali, piazzati ai lati quasi per abbracciare completamente il pubblico e purtroppo anche quello delle polemiche perché non è mancato qualche problema tecnico e migliaia di persone hanno abbandonato l’aeroporto poiché non sentivano niente, ricevendo poi le scuse ufficiali del rocker di Correggio.

Il concerto per il G8, il Live 8 del 2 luglio per sensibilizzare i potenti sulla questione della povertà in Africa, viene organizzato ancora una volta da Bob Geldof. Viene aperto a Londra da Paul McCartney assieme agli U2 con Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band e sarà ricordato per la storica reunion, sempre a Londra, dei Pink Floyd che hanno interpretato alcuni loro classici. Coinvolte città nei cinque continenti (Londra, Philadelphia, Berlino, Rio de Janeiro, Tokyo, Roma, Versailles, Toronto più Johannesburg e Gibuti per l’Africa). Per Roma non sono mancate le polemiche sulle partecipazioni, poiché inizialmente i grandi divi della musica italiana nicchiavano, poi alla fine, considerandolo un concerto politico e non di beneficenza Ligabue e Jovanotti hanno accettato di esibirsi al Circo Massimo dando il via agli altri: da Baglioni a Venditti, da Renato Zero (è stato loro il gran finale) a Biagio Antonacci, da Francesco De Gregori (che ha aperto il concerto) a Laura Pausini. Unico assente Vasco Rossi poiché nello stesso giorno aveva un concerto ad Ancona e Pino Daniele che si è rifiutato di esibirsi all’ultimo momento, non accettando le clausole contrattuali imposte dall’organizzazione inglese per i diritti delle immagini.

2006
È un anno tutto al femminile con Laura Pausini, Gianna Nannini, Elisa e Madonna. La Pausini che domina le vendite con Io canto, l’album che la vede interpretare successi di cantautori più o meno noti, conquista anche il Grammy Awards per il miglior album pop in lingua latina (il precedente Escucha, versione spagnola di Resta in ascolto). Onorificenze non solo musicali per la Pausini che riceve anche il titolo di Commendatore della Repubblica, assieme a Eros Ramazzotti e Andrea Bocelli. La Nannini è la vera rivelazione dell’anno. Infatti dopo anni di assenza, rinuncia a partecipare a Sanremo per far uscire a gennaio il suo Grazie, annunciato dal singolo Sei nell’anima. È un successo travolgente che dura fino a dicembre e più volte durante l’anno farà capolino ai primi posti della hit parade. Elisa invece si presenta con una raccolta Soundtrack 1996-2006, arricchita da alcuni inediti in italiano (fra cui Gli ostacoli del cuore scritta e cantata con Ligabue) e in inglese. Per lei è la definitiva conferma nell’Olimpo della canzone italiana.
Madonna, invece, mentre l’album Confessions on a dance floor continua a vendere, presenta il suo Confessions Tour con cui riesce ancora una volta a scandalizzare e far parlare di sé, soprattutto per la scena in cui si presenta legata a una croce per cantare Live to tell con tanto di preziosa corona di spine in testa. Tra i maschietti l’unico a tenere alto il nome è Tiziano Ferro con l’album Nessuno è solo, seguito da Zucchero (Fly), Renato Zero (la raccolta Renatissimo) e poi Francesco De Gregori (Calypso), Ivano Fossati (L’arcangelo), Vinicio Capossela (Ovunque proteggi), Gigi D’Alessio (Made in Italy) e il cantautore-ferroviere Gianmaria Testa (Da questa parte del mare). Piacevoli novità il rap di Fabri Fibra (Tradimento) e Mondo Marcio (Solo un uomo), nonché l’hard-pop dei giovanissimi Finley (Tutto è possibile). Per la scena internazionale Bruce Springsteen ha guardato al passato proponendo i classici di Pete Seeger in We shall overcome, gli U2 hanno presentato la raccolta 18 hits, mentre inediti sono stati presentati da Bob Dylan (Modern times) e Red Hot Chili Peppers (Stadium Arcadium).

A Sanremo ancora diviso in categorie vince Povia con Vorrei avere il becco davanti a Dove si va dei Nomadi e Essere una donna di Anna Tatangelo. Svegliarsi la mattina degli Zero Assoluto è la rivelazione dell’anno. Tra i giovani vince Riccardo Maffoni con Sole negli occhi davanti a Simone Cristicchi con Che bella gente.
Il Festivalbar va a Ligabue con Happy hour, Gianna Nannini si consola con il premio album dell’anno per Grazie. Il premio rivelazione italiana va agli Zero Assoluto per Sei parte di me, quello internazionale a James Nate per The message, mentre ai Negramaro va il premio best performer per Nuvole e lenzuola. Altre canzoni: Hips don’t lie (Shakira), Crazy (Gnarls Barkley), Sei parte di me (Zero Assoluto) e poi le calcistiche Siamo una squadra fortissimi di Checco Zalone della banda di Zelig e Cuore azzurro dei Pooh, l’inno ufficiale della nazionale italiana che ha vinto i mondiali di Germania, nonché Seven Nation Army dei White Stripes resa celebre dal «po-po-po-po-po» iniziale. Successo a sorpresa anche per Lento un rock realizzato da Vito e gli Eneas, una band composta dal direttore medico di un istituto geriatrico e quattro vecchietti «over 75» con la passione del canto.
A fine anno lutti importanti per la musica. A ottobre muoiono il cantautore Bruno Lauzi e Andrea Parodi, la voce dei Tazenda. A novembre muore Mario Merola, il «re della sceneggiata napoletana» e a dicembre James Brown, il padrino del soul.

2007
Un anno all’insegna della musica italiana, soprattutto delle raccolte con il pop di Eros Ramazzotti e i suoi duetti (E2) e il rock di Ligabue (Primo tempo) nei panni dei dominatori, assieme a Vasco Rossi che rinviando il suo album Il mondo che vorrei ad aprile 2008 ha presentato il singolo inedito Basta poco e la sua versione de La compagnia di Lucio Battisti, oltre a un lungo tour. Vasco anche ispiratore dato che su internet è stato molto scaricato il brano Come Vasco Rossi, cantato da Gaia & Luna, due bambine figlie di un dj. La rivelazione dell’anno è stato il catanese Mario Biondi, un nero bianco che con Handful of soul è stato ben presente in classifica durante tutto l’anno, una vera sorpresa come del resto il pianista Giovanni Allevi con il suo Joy. Tra gli album di inediti bisogna ricordare Vicky Love di Biagio Antonacci, La finestra dei Negramaro, Dormi amore la situazione non è buona di Adriano Celentano, Dalla pelle al cuore di Antonello Venditti e Di rabbia e di stelle di Roberto Vecchioni. Altre protagoniste: Giorgia (Stonata) e Anna Tatangelo (Mai dire mai). Per gli stranieri Michael Bublé con l’album omonimo, Miguel Bosè (Papito), Bruce Springsteen (Magic) e soprattutto i giovanissimi tedeschi Tokio Hotel con Scream, che li ha fatti conoscere anche al di fuori della Germania con il loro rock che racconta storie di rabbia e di disagio, espressione di un malessere giovanile europeo, che li ha fatti divenire fenomeno dell’anno, grazie anche al look particolare del loro leader Bill Kaulitz.

A Sanremo i big tornano in classifica unica e vince Simone Cristicchi con Ti regalerò una rosa davanti ad Al Bano con Nel perdono e Piero Mazzocchetti con Schiavo d’amore. Tra i più apprezzati Paolo Meneguzzi (Musica), Daniele Silvestri (La paranza) e gli Zero Assoluto che con Appena prima di partire pubblicano anche il loro primo vero album, ottenendo un discreto successo. Tra i giovani vince Fabrizio Moro con Pensa, altra piacevole rivelazione dell’anno.
Il Festivalbar va ai Negramaro per Parlami d’amore. Il premio radio a Irene Grandi per Bruci la città e quello per gli Album a Biagio Antonacci per Vicky Love. Premi anche per Monsoon dei Tokyo Hotel (canzone più cliccata) ed Elisa per le vendite di Soundtrack 1996-2006 da più di 40 settimane in classifica. Altre canzoni: Domo mia (Tazenda con Eros Ramazzotti), Grace Kelly e Relax di (Mika), Beautiful liar (Beyoncè e Shakira), Que hiciste (Jennifer Lopez).
Per Antonacci e Laura Pausini il 2007 è stato un anno particolare anche perché li ha visti esordire trionfalmente allo stadio milanese di San Siro, una vera «laurea» per un milanese dell’hinterland come Antonacci e per la romagnola Pausini, prima donna a riuscire in tale impresa.
Altra protagonista nel bene e nel male è stata Amy Winehouse, musicalmente con l’album Back to black, mentre per le cronache a causa di ricoveri e litigi per la sua dipendenza da alcool e droga.
Il 2007 è stato anche l’anno di importanti reunion. Infatti se i Rolling Stones sono sempre sulla breccia e gli Eagles si sono riformati negli anni Novanta per esibirsi in lunghissimi tour, altri hanno deciso di seguirne la scia. Così se i Led Zeppelin si sono riformati solo per un concerto a dicembre a Londra, diverso il caso dei Police di Sting e dei Genesis di Phil Collins (ma senza Peter Gabriel) che hanno fatto un vero e proprio tour, mentre le Spice Girls si sono arrese dopo poche date.

L’evento musicale dell’anno è stato il Live Earth, promosso dall’ex vicepresidente americano Al Gore per sensibilizzare sui cambiamenti climatici con otto maxi concerti in altrettante metropoli (New York, Rio de Janeiro, Johannesburg, Shanghai, Tokyo, Sydney, Amburgo e Londra) e tre mini-concerti (Kyoto, Washington e una base in Antartide) che hanno coinvolto tutti i continenti.
Il 2007, infine, segna l’addio allo chansonnier bolognese Dino Sarti e soprattutto a Luciano Pavarotti, un pezzo di storia della musica, non solo lirica che se ne va, dato che probabilmente nessuno riuscirà nell’impresa di unire lirica, rock e pop in un solo concerto con collaborazioni e contaminazioni fra tre mondi distanti e distinti poiché la musica spesso unisce i fans ma gli artisti sono molto divisi fra loro. Solo Pavarotti riusciva a realizzare tale «miracolo».