Curcio Medie

Organizzazione economica (v.economia) nella quale vengono combinati i diversi fattori di produzione (terra, capitale, lavoro), secondo determinate leggi tecniche ed economiche, al fine di produrre beni e servizi destinati a essere scambiati sul mercato. In tal senso, il concetto di «impresa» equivale a quello di «azienda», differendone solo per la maggior accentuazione che in esso assume la figura di colui che organizza l’utilizzazione dei fattori, cioè dell’imprenditore. Vi è, però, una seconda e più tecnica definizione dell’impresa elaborata dall’economista austriaco Joseph Alois Schumpeter, che ne mette in luce gli aspetti peculiari nel quadro di un processo di sviluppo economico: per Schumpeter, infatti, l’impresa può definirsi come l’azienda in cui vengono messe in opera determinate innovazioni, capaci di aumentare o produrre dei profitti attraverso l’abbassamento di costi o l’apertura di nuovi mercati. Secondo tale teoria, le imprese costituiscono gli elementi dinamici dell’intero sistema economico e alimentano i processi di sviluppo produttivo.
Se si considera solo l’aspetto statico del sistema economico, inoltre, è possibile distinguere fra diversi tipi di imprese (o di aziende) secondo il rapporto fra costi e ricavi; cioè, in regime di libera concorrenza, un’impresa è marginale, intramarginale, extramarginale secondo che, in un periodo breve, il suo costo medio minimo sia uguale, maggiore o minore rispetto al prezzo di mercato o se, in un lungo periodo, sia uguale, minore o maggiore rispetto al profitto richiesto dall’imprenditore per continuare la produzione.
In seguito alla crescita dimensionale delle imprese verificatasi negli ultimi decenni, tuttavia, accade ormai sempre più frequentemente che il proprietario dell’impresa (vale a dire il detentore del capitale di controllo) non effettui più in prima persona le scelte gestionali ma si limiti a nominare manager incaricati di gestire, con ampia discrezionalità, l’attività dell’impresa.
La nascita di questa sorta di «capitalismo manageriale» ha posto perciò il problema se l’obiettivo dell’impresa odierna continui a essere quello di massimizzare la resa produttiva (e il corrispondente profitto) o sia ormai volto alla cosiddetta «creazione di valore per l’azionista» (perseguimento, cioè, non più dell’aumento della produzione bensì della massimizzazione del valore di borsa del capitale azionario dell’impresa).

Altro tema attualmente in discussione è quello concernente la questione se, in un’economia capitalistica, continui a essere giustificata la presenza di imprese pubbliche: alcuni, infatti, ritengono che i settori delle public utilities  (elettricità, gas e acqua) debbano essere affidati a imprese pubbliche (le più adatte a garantire, al tempo stesso, prezzi accessibili e servizi efficienti); altri, invece, sostengono che solo il settore privato sarebbe in grado (in base ai principi della liberalizzazione dei servizi, della libera concorrenza e della distanza dagli apparati burocratici dei partiti politici) di garantire la maggiore soddisfazione dei cittadini-utenti.